Grano duro e grano tenero, le differenze

Non solo il grano duro e quello tenero danno origine a farine diverse, ma anche il loro impiego e il territorio in cui vengono prodotti differiscono.

Il 28/04/2021 viene utilizzato per preparare la pasta secca, mentre il grano tenero è più indicato per la realizzazione di pizza e pane.

Quali sono però le proprietà dell’uno e dell’altro?

Vediamo assieme nello specifico le caratteristiche di queste due tipologie di frumento.

Grano duro e grano tenero: differenze fra le spighe e le farine prodotte

Spesso si sente parlare di grano tenero e grano duro e, anche chi sa adoperare entrambe le tipologie in modo corretto per le varie preparazioni, sono in pochi quelli che sanno che i due grani appartenengono a specie vegetali differenti.

Il grano tenero (Triticum vulgare) e il grano duro (Triticum turgidum) hanno un aspetto molto diverso fra di loro. 
La spiga del grano tenero
è particolarmente compatta ed è formata da grani dalla forma rotondeggiante che si sfaldano premendoli fra le dita.
Dopo la macinazione, si ottiene una farina molto bianca che ben si presta per la preparazione di impasti lievitati come pane, la pizza ma anche biscotti e dolci.

Il grano duro invece ha una spiga con una parte finale filamentosa molto lunga.
Non è possibile rompere i chicchi facilmente e hanno una forma piuttosto allungata.
Macinando il grano duro si ottiene una semola di colore giallognolo ricca di carotenoidi, usata per preparare la pasta secca.

Grano duro e grano tenero, le differenze

Due grani per due luoghi di produzione differenti

Il grano duro e il grano tenero non solo sono molto diversi fra di loro ma hanno bisogno anche di crescere in terreni e climi differenti.

Il grano tenero preferisce un clima mite e prospera nelle zona più fertili e ben concimate della pianura.

Il grano duro invece cresce solo in terreni piuttosto asciutti e argillosi delle zone meridionali d’Italia e nelle isole.
Purtroppo non resiste alle intemperie e poco si adatta a climi diversi da quelli particolarmente secchi.

Le diverse tipologie di semole e farine

Dal grano tenero si possono ricavare diverse tipologie di farine: dalle più raffinate meno ricche di sostanze esterne al chicco a quelle più grezze.
La farina 00 è fra le più adoperate in cucina e subisce il maggior numero di processi di raffinazione per diventare così bianca.

La 0 si utilizza per la pasta fresca e per gli impasti lievitati. Contiene solo alcune pellicole esterne del chicco mentre la farina di tipo 1 le contiene tutte.
È molto più grezza della precedente ed è ottima per preparare il pane. La farina 2, chiamata anche semi integrale, è ricca di fibre e si utilizza per preparare pani gustosi e pizze.

La farina integrale è quella che contiene più elementi nutritivi rispetto a tutte quelle menzionate prima.
Si adopera per impastare pani molto rustici e ha un gusto deciso.

Grano duro e grano tenero, le differenze

Le semole, alla stregua delle farine, si classificano in base al quantitativo di fibre che contengono. Il semolato integrale è quello che permette di ottenere impasti rustici particolarmente compatti.
Viene usata per preparare sia le paste secche che alcune tipologie di pani speciali come quello di Altamura.

Il futuro delle due tipologie di grani

L’agricoltura è strettamente legata al clima ed è sempre più minacciata dal surriscaldamento terrestre.
Il grano è una pianta che rischia di scomparire poco a poco a causa delle forti variazioni di temperature in atto.
Da alcune ricerche scientifiche è emerso che il grano tenero sia in grado di adattarsi meglio ai cambiamenti rispetto a quello duro.

Le due specie però sono accomunate da geni simili e per tale ragione possono essere incrociate fra di loro con lo scopo di rendere il grano tenero più resistente alle avversità e ai cambiamenti climatici.
In questo modo si possono ottenere piante più forti che producono chicchi con caratteristiche ereditate da entrambe le tipologie di grano.

Per esempio già oggi si possono reperire frumenti duri che però hanno chicchi che facilmente si sfaldano.
La sfida in corso è quella di riuscire a preservare il grano nonostante gli importanti cambiamenti climatici in atto che stanno minando la sua sopravvivenza, mettendo in pericolo l’alimentazione delle future generazioni.

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