Siamo quasi 8 milioni ma produciamo cibo sostenibile solo per la metà di noi

La popolazione mondiale cresce di più, ma solo per la metà di essa viene prodotto cibo in modo sostenibile. Ecco l'approfondimento.

Ormai abbiamo superato la cifra di 7 miliardi di abitanti, ma purtroppo soltanto 3,4, vengono nutriti con cibo sostenibile. Gli altri gravano pesantemente sul bilancio ecologico.

Questo è quanto dichiarato in uno studio su "Nature Sustainability", che mette in evidenza problemi come riduzione della biodiversità, stress idrico e una sostanziale riduzione dell'ecosistema, ma propone anche delle soluzioni, tra cui spostare una parte delle coltivazioni e nell'allevamento in zone meno a rischio.

Il rapporto

Un'analisi quinquennale, pubblicata da poco su Nature Sustainability, ha messo in evidenza come più della metà della produzione alimentare del mondo risulta essere insostenibile e dannosa per il pianeta. Secondo il rapporto, però, modificando l'approccio e distribuendo diversamente le risorse si potrebbe riuscire a dar da mangiare fino a 10 miliardi di persone.

Una delle sfide più complesse per gli scienziati è come riuscire a produrre cibo senza avere un impatto eccessivo sull'ecosistema. I ricercatori del Potsdam Institute for Climate Impact Research (PIK) stanno cercando di trovare una proposta plausibile e soprattutto applicabile sin dai prossimi anni, prima che la situazione precipiti e diventi del tutto irrecuperabile.

"È fondamentale per progettare alla radice tutto il sistema del cibo", questo è quanto hanno proposto. L'analisi parte dalla "Teoria dei 9 limiti planetari" proposta aldo fisico svedese Johan Rockström. che ha individuato 9 soglie che le attività antropiche non dovrebbero superare se vogliono continuare a mantenere il pianeta in una condizione stabile.

L'analisi

Il team di scienziati diretto dal Professor Dieter Gerten hai esaminato quattro dei nove limiti. cioè quelli che sono strettamente correlati alla produzione del cibo ossia: acqua dolce, biodiversità, azoto e disboscamento.

In base ad alcune simulazioni, con il sistema attuale si può garantire una dieta da 2,355 kcal giornaliere solo per 3,4 miliardi di persone. Per la prima volta viene quantificata l'insostenibilità dei ritmi di produzione e sfruttamento delle risorse alimentari.

Il 29 luglio la Terra avrà il suo overshoot day di quest'anno. Questo significa che tutto quanto sarà consumato dopo questa data, inciderà negativamente sul bilancio dell'ecosistema.

Gli studiosi hanno posto in evidenza come i principali problemi siano un'eccessiva sottrazione di terra da destinare all'allevamento e coltivazioni intensive, irrigazione ben oltre la soglia del necessario e soprattutto un eccessivo uso di fertilizzanti che influenzano negativamente il ciclo dell'acqua dolce.

Una possibile svolta

I cambiamenti da fare sarebbero pochi, ma sostanziali. Innanzitutto bisogna modificare l'assetto dell'allevamento nelle aree in cui c'è il più del 5% delle specie a rischio di estinzione. I terreni coltivati devono essere riforestati, perché è più del 85% della giungla tropicale è stata disboscata. L'azoto nei fertilizzanti deve essere usato con più parsimonia.

In sostanza le attività agricole andrebbero spostate dall'Europa Centrale e dalla Cina, che sono fortemente sfruttate, per essere indirizzate verso la parte not nord occidentale degli Stati Uniti e l'Africa subsahariana, meno a rischio di crisi imminente.

Per il 2050 è prevista popolazione 9,8 miliardi di abitanti e questo comporterà la necessità di modificare l'alimentazione in maniera radicale, se si vuol fare in modo che possano sopravvivere tutti. In particolare una delle strade è la sostituzione di una parte delle proteine di origine animale con quelle vegetali, in particolare derivanti dei legumi che in occidente sono molto sottovalutati.

Un altro fattore cruciale però è anche la riduzione degli sprechi alimentari del prodotto finito, visto che circa il 30% del cibo che viene preparato a livello industriale e agricolo, non raggiunge mai le tavole, ma viene buttato perché invenduto o in scadenza. Questo è il destino per tantissimi alimenti che si trovano nei supermercati e nella grande distribuzione, che segue logiche di mercato non compatibili con i bisogni del pianeta ed è restia a sostenere il cambiamento.

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