Con shrinkflation si intende quel fenomeno per il quale i prezzi dei prodotti rimangono invariati ma a diminuire sono invece le quantità dei prodotti stessi.
Un fenomeno che sta interessando l'economia italiana e non solo è quello della shrinkflation, che è strettamente legato all'inflazione e all'aumento dei prezzi.
In che cosa consiste? Ecco tutto quello che c'è da sapere!
Si tratta di un termine nuovo che nasce dall'unione di due parole inglesi che sono shrink, che tradotto in italiano vuol dire restringere, e inflation che ovviamente ha a che fare con l'inflazione.
In pratica, shrinkflation indica quel particolare fenomeno per il quale i prezzi dei prodotti di largo consumo restano sempre gli stessi ma a diminuire sono invece le quantità di prodotto.
Un altro modo per non far percepire al cliente un aumento dei prezzi, ma applicato dalle aziende per riuscire a far fronte agli aumenti di spese e dei costi, soprattutto per le materie prime e per l'acquisto dell'energia e dei carburanti.
Contro questa pratica, però, si stanno muovendo le associazioni di consumatori che denunciano una situazione ormai insostenibile che svuota le tasche dei clienti senza che neanche se ne accorgano.
Chi è meno attento oppure non va a fare tutti i giorni la spesa, probabilmente non ci avrà ancora fatto caso eppure i prodotti di largo consumo, come la pasta, il riso e le patatine, finiscono in modo sempre più veloce.
Un improvviso aumento della fame? Assolutamente no: si tratta, invece, di una diminuzione delle quantità di prodotto all'interno delle confezioni.
In pratica le aziende decidono di fare dei piccoli ritocchi sulle quantità, una decina di patatine in meno o pochi grammi di pasta mancanti, per non ritoccare il prezzo verso l'alto, decisione che potrebbe scoraggiare i clienti e spingerli a comprare di meno.
Invece in questo modo il cliente ha la sensazione di spendere sempre lo stesso, visto che la confezione non cambia, ma in realtà sta acquistando una minore quantità di prodotto che lo porterà a dover comprare più spesso.
Una truffa? Non proprio, perché sulla confezione viene dichiarato il peso minore ma sono pochi i clienti che ci fanno caso oppure che ricordano il prezzo del prodotto al kg.
Anche se sembra un fenomeno nuovo, il realtà la shrinkflation esiste da tempo e uno dei pionieri di questo fenomeno è stato il Toblerone che pochi anni fa, per fronteggiare l'aumento del prezzo del cacao, ha ridotto il numero dei denti, senza però modificare la composizione della confezione.
Oggi, invece, la scusa ufficiale è quella della guerra in Ucraina che ha ridotto gli approvvigionamenti di grano e di altre materie prime ma anche il taglio dei rifornimenti di petrolio e gas da parte della Russia che ha inevitabilmente fatto aumentare i prezzi.
Di fronte ad una situazione del genere, le aziende per far fronte ai costi non può fare altro che aumentare i prezzi dei prodotti, ma in questo modo rischiano di allontanare i clienti e di scoraggiare gli acquisti. Viene considerata shrinkflation anche la tecnica della Pepsi che ha deciso di restringere del 14% la bottiglia del Gatorade, con la scusa di renderla più aerodinamica e facile da impugnare.
Le associazioni di categoria denunciano il fenomeno e sono corse ai ripari, presentando un esposto sia all'Antitrust che a oltre 100 Procure della Repubblica, per impedire alle aziende di continuare con questa pratica.
In attesa che la denuncia faccia il suo corso, c'è qualcosa che i consumatori possono fare?
Certamente bisogna prestare molta attenzione quando si fa la spesa perché per legge deve obbligatoriamente essere indicato il costo al kg di qualsiasi alimento, per cui si può facilmente evincere che si sta acquistando una minore quantità di prodotto ad un prezzo più alto.
Inoltre non bisogna lasciarsi conquistare da un packaging diverso e magari più accattivante del prodotto che si acquista di solito ma si deve sempre verificare con attenzione pure le scritte più piccole, che sono quelle che indicano la reale quantità di prodotto che si sta acquistando.
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