Quali sono i cibi più contraffatti e taroccati al mondo? Se alcuni formaggi sono in testa alla classifica non se la passano bene neppure salumi, olio e vino.
Chi è stato all'estero può confermarlo: il cibo italiano è il più imitato in assoluto.
Tra i falsi ci sono principalmente formaggi, vini e salumi, ma non mancano le specialità regionali.
Il trend non accenna a diminuire e il danno economico per l'Italia è pari a 100 miliardi di euro all'anno.
Voglia di Gorgonzola a Sidney o di Fontina a Shanghai?
Sugli scaffali dei supermercati è più probabile trovare "Tinboonzola" e "Fontiago".
Non si tratta, però, di prodotti tipici locali ma di fake studiati ad arte. Rispetto agli originali, differiscono per il sapore, le materie prime utilizzate, i valori nutrizionali e i parametri qualitativi.
Eppure, i loro nomi suonano familiari, così come le immagini che campeggiano sulle confezioni.
Si tratta dell'Italian Sounding, meccanismo studiato per confondere gli acquirenti e spingerli a comprare cibi truffaldini. Tale strategia, fa perdere all'Italia 300 mila posti di lavoro ogni anno e ben 100 miliardi di introiti.
1- Mozzarella. È il prodotto più taroccato in assoluto e viene spesso chiamato "Zottarella". Esiste anche la variante di bufala, realizzata però con latte del Wisconsin.
2 - Parmigiano Reggiano e Grana Padano. All'estero sono popolari il "Parmesan" e il "Regianito", ma soprattutto la variante vegana del primo, chiamata "ParmeSans".
3 - Provolone. Sono ben 120 milioni le tonnellate di falso provolone che vengono prodotte e consumate ogni anno nelle Americhe.
4 - Pecorino Romano. I cloni di questo iconico formaggio sono a base di latte di mucca, mai di pecora.
5 - Salame. Vi sono aziende che producono salami millantando origini toscane, venete, calabre o piemontesi.
Qualcuna, però, si è spinta un po' più in là e ha provato a clonare il Salame di Felino.
6 - Mortadella. In Spagna si trova la "Mortadela Siciliana", fatta con carne di suino e non con quella d'asino. Un abominio, secondo la tradizione ragusana.
In Quatar, invece, non essendo consentito il consumo del maiale, la mortadella è a base di pollo.
7 - Sughi. Tra quelli più conosciuti ci sono il "Pomarola", il "Marinara" e lo "Spagheroni".
I barattoli presentano immagini particolarmente suggestive, che ricordano la geografia del territorio italiano.
8 - Prosecco. I cloni sono tantissimi e contraddistinti da storpiature dell'appellativo originale: "Consecco", "Crinsecco", "White Secco", "Prosek" e "Perisecco".
9 - Chianti. Ribattezzato "Cantia" dai pirati enogastronomici, è stato venduto anche in polvere, all'interno di pratici kit fai da te.
10 - Pesto. Le imitazioni del famoso condimento ligure contengono tutto fuorché pinoli, Parmigiano e Pecorino.
Si trovano in Canada, in America, in Sudafrica, in Australia e persino in Thailandia.
Il trend del tarocco investe anche i vini italiani DOP e IGP.
Le bottiglie truffaldine sono contraddistinte da loghi accattivanti, capaci di tendere tranelli e confondere lo sguardo.
Un occhio poco allenato, ad esempio, potrebbe non cogliere la sottile differenza tra Barolo e Barollo.
Anche il mercato dell'olio extravergine di oliva è sotto attacco, tanto che non accennano a diminuire i prodotti adulterati.
Alcuni marchi diluiscono l'olio d'oliva con quello di semi, di mais o di soia.
Altri puntano su strategie linguistiche o battage pubblicitari.
Si pensi al caso del "Pompeian Oil", che di campano non ha nulla, infatti è prodotto nel Maryland.
Nei supermercati coreani non ci sono gli spaghetti, tuttavia è facile reperire i "chapagetti".
In California, invece, vengono prodotti dei bellissimi pomodori San Marzano, che non potrebbero fregiarsi di tale titolo.
Gli originali, infatti, sono coltivati tra Nocera Inferiore e Sarno, di certo non vicino Malibù.
Secondo la Coldiretti, il fenomeno del falso agroalimentare è in aumento ed è causato dalla "fame" di italianità.
Ciò che favorisce il business, poi, sono le guerre commerciali, le tensioni politiche e alcuni accordi internazionali.
A questo si aggiunge la ridotta incidenza dell'export italiano dovuto ai dazi, che regala libertà di movimento ai competitor.
Se si riuscisse a fermare questo scempio, però, le vendite triplicherebbero e, di riverbero, anche il valore del Made in Italy.
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